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Semiologia del paesaggio italiano

Semiologia del paesaggio italiano

introduzione di

pp. 384, con 73 ill. b/nf.t., 1° ed.
978-88-317-1894-3
Il paesaggio di cui si parla in questo libro - che esce ora in una nuova veste - non è soltanto lo scenario fermo, acquisito, apparentemente immutabile con cui si confronta il vivere quotidiano, ma anche e soprattutto il paesaggio che vive e si trasforma nel tempo col mutare delle forme di vita, dei modi di produrre e di rapportarsi delle società con il proprio territorio. Tanto il primo è spesso carico di suggestioni, quanto il secondo può stravolgere ogni immagine sotto la spinta di nuove attività e iniziative. Così è accaduto in Italia nei decenni trascorsi, quando la violenza delle trasformazioni ha sconvolto, cancellato o devastato paesaggi tra i più celebrati. È stato un salto di civiltà o una corsa illusoria e distruttiva? La domanda può trovare risposta solo attraverso una storia di come è cambiata l'Italia, Paese di tensioni, frenesie, fantasia, dove non è spesso riconosciuto il valore semantico del paesaggio. Ancora oggi assistiamo alla difficoltà di assumere la pianificazione paesistica quale strumento-guida delle trasformazioni. Laddove un tempo il paesaggio si configurava attraverso interventi esperti e secolari che esprimevano per intero una cultura, quello dell'Italia d'oggi sembra il risultato di interventi caotici, incoerenti, improvvisati, espressione di una società priva di disegni ideali, trascinata solo dalle regole del gioco economico e delle sue scenografie consumistiche, soggetta a un potere politico che non si è mai preoccupato di saldare presente e passato, come base dell'identità nazionale, di costruire architetture territoriali efficienti, di guidare consapevolmente le trasformazioni. Spesso complotti invisibili hanno operato e operano nel paesaggio italiano, cosicché riesce difficile oggi leggerne il senso, cogliere quel rapporto tra natura e cultura che dovrebbe essere la prima rivelazione semantica del paesaggio e offrire un'indicazione sul futuro di una società che, bene o male, ha fatto il suo ingresso nella cosiddetta età post-industriale. A meno che non sia proprio questo il senso del post-industriale o del post-moderno.

Autore

(1927 - 2005), veronese, geografo, è autore tra l’altro di Viaggio a Samarcanda (1963 e 2004), Villa Veneta. Agonia di una civiltà (1977 e 2002), Dentro il paesaggio: il territorio-laboratorio (1982), Gli uomini delle tende (1983 e 2003), La via della seta (1983), Weekend nel Mesozoico (1992), Miracolo economico: dalla villa veneta al capannone industriale (1995), Il paesaggio degli uomini. La natura, la cultura, la storia (2003), Il viaggio di Abdu. Dall’Oriente all’Occidente (2004), Taklimakan. Il deserto da cui non si ritorna indietro (2005). Con Marsilio ha pubblicato La conoscenza del territorio. Metodologia per un’analisi storico-geografica (20193), La megalopoli padana (20042), Il paesaggio e il silenzio (20102), Il paesaggio come teatro. Dal territorio vissuto al territorio rappresentato (20187), Antropologia del paesaggio (2008) e Semiologia del paesaggio italiano (2014). Per anni è stato consulente per la pianificazione territoriale e paesistica alla Regione Lombardia e ha insegnato geografia del paesaggio alla facoltà di Architettura e Urbanistica del Politecnico di Milano.