Il capolavoro di Keller, definito da Walter Benjamin "immortale"
È in una Svizzera omerica, in paesaggi di grandiosità calma e solenne, che si compie il destino tragico dei due giovani contadini innamorati, Sali e Vrenchen, vittime dell’avidità dei padri e storditi dalle contraddizioni del mondo; in un pallido mattino d’autunno, consumato l’amore su un barcone alla deriva, si lasceranno cadere, tenendosi strettamente abbracciati, nelle fredde acque di un fiume. Con un perfetto crescendo drammatico, in un linguaggio, secondo L. Mittner, "densissimo e pur mirabilmente lieve", Keller crea il suo capolavoro, accolto come tale già alla sua prima apparizione nel 1856. E se R. Walser ne rievocherà l’incanto in uno dei suoi schizzi più luminosi, W. Benjamin giudicherà la prosa di Keller una delle più belle mai scritte in lingua tedesca. E definirà la novella "immortale".
ANNA ROSA AZZONE ZWEIFEL insegna letteratura tedesca all’Università di Padova. Si è occupata di Keyserling, Roth, Mann.