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L'acqua la piera la tera

L'acqua la piera la tera

978-88-317-7680-6
Si raccolgono in questo volume tutte le poesie nel dialetto di S. Stino di Livenza (Venezia) edite da Romano Pascutto nell'arco di trent'anni, a cominciare dalla silloge L'acqua, la piera, la tera (apparsa nel 1982, con un'importante premessa di Andrea Zanzotto), che, pur postuma, esprime in forma antologica l'ultima volontà dell'autore, fattosi raccoglitore e selezionatore dei suoi testi più significativi. In essa sono rappresentate al massimo grado le due tendenze più proprie della poesia di Pascutto: quella lirico-narrativa, testimoniata in particolare dai poemetti Storia de Nane (edito la prima volta nel 1963) e La Gigia, esempi di storie individuali di derelitti travolti dalla guerra; e quella più propriamente più lirica, testimoniata dalle sezioni L'acqua, la piera, la tera e Tempo de brumèsteghe (che aveva dato il titolo anche ad un precedente volume del 1971, comprensivo di tutti i poemetti maggiori, anche di Birt a l'inferno, poi escluso dalla raccolta finale). Accanto a questi nuclei principali, corrispondenti a due fasi in diverso modo compendiarie della poesia di Pascutto, si raccolgono qui anche tutte le altre prove dialettali intermedie, a cominciare dlle liriche politiche «venete», non ancora precisamente «sanstinesi», presenti in Cammino e canto con loro (1953), fino al poemetto I muradori ( a corredo di un catalogo di dipinti di Remo Pasetto, 1972) e alle liriche a sfondo personale e intimistico delle raccolte duplici (in italiano e in dialetto) della Crosera de i zìngani (1974) e di Foie de tilio (1981). A tutto questo materiale, già noto ma non facilmente accessibile, si aggiunge qui una prima scelta di poesie inedite (specie di carattere rievocativo, autobiografico e familiare), scelte fra tante altre ritrovate tra le carte del poeta. L'intento è di offrire al lettore il quadro complessivo di un'attività lirica appartata e solitaria, diversa ma non indifferente ai grandi modelli veneti concomitanti (Giotti, Marin, Noventa, per fare dei nomi) e non sorda neppure ad esperienze europee, specie simboliste: tale da porsi, per forza nativa, non certo per moduli imitativi, fra le voci poetiche di spicco della poesia vernacola (e non solo vernacola) del nostro Novecento.




Romano Pascutto nacque a S. Stino di Livenza (Venezia) il 7 luglio 1909. Avverso al fascismo fin dai tempi del delitto Matteotti, fu costretto ad emigrare in Libia per sottrarsi all'ostile sorveglianza del regime. Dalla Libia ritornò in patria alla fine del 1942, in tempo per partecipare attivamente alla Resistenza. Arrestato e trasferito nelle carceri di Portogruaro, si salvò per l'avvicinarsi della liberazione. Dopo la guerra fece parte della prima giunta del Comune di S. Stino, espressa dal CLN locale. Partecipò poi, come militante e dirigente del PCI, alla vita politica locale e provinciale, ricoprendo, anche, dal 1975 al 1980, la carica di sindaco del suo paese. Abbandonò l'impegno politico solo per l'insorgere della malattia. Contemporaneamente lavorò sempre come funzionario e consulente della compagnia di navigazione Tirrenia. Morì a Treviso l'8 aprile 1982. Accanto all'attività politica Pascutto ha svolto un'intensa attività letteraria. Poeta in lingua e in dialetto, ha lasciato poesie e poemetti memorabili (quelli in dialetto si ripubblicano qui), ma anche scritti teatrali, romanzi e racconti di notevole efficacia narrativa. In particolare si segnalano i romanzi La lodola mattiniera (Padova 1977) e Il Viaggio (Padova 1979) e il volume di racconti, ispirati da un'esperienza come giudice popolare, Il pretore delle baracche (Milano 1973).


Autore

(S. Stino di Livenza 1909 - Treviso 1982), poeta in lingua e in dialetto, ci ha lasciato una serie di liriche e di poemetti che costituisce forse la parte più produttiva della sua produzione.