Il capolavoro di Keller, definito da Walter Benjamin "immortale"
Se Gottfried Keller è stato sottratto a una soffocante mitologia patria e riportato nei ranghi della letteratura universale, è merito riconosciuto di Georg Lukács, che ha dato inizio a una riconsiderazione in chiave europea della sua opera narrativa e della sua figura storica. Oggi, questo erede del cosmopolitismo settecentesco e delle tradizioni democratiche elvetiche, nato nel 1819 e morto nel 1890, alle soglie della modernità, spicca decisamente nel panorama dell’Ottocento ed è senza dubbio il massimo rappresentante di un realismo inteso come compimento della tradizione classica. È in una Svizzera omerica, in paesaggi di grandiosità calma e solenne, che si compie il destino tragico dei due giovani innamorati, vittime dell’avidità dei padri e storditi dalle dissonanze del mondo; in un pallido mattino d’autunno, consumato l’amore su un barcone alla deriva, si lasceranno cadere, tenendosi strettamente abbracciati, nelle fredde acque di un fiume.