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La vedova scaltra

La vedova scaltra

a cura di

pp. 356, 2° ed.
978-88-317-6466-7
?Nel 1748, con la rappresentazione di quattro tipi «nazionali» - un inglese, un italiano, un francese e uno spagnolo - che si contendono l'amore di una bella vedova veneziana ne La vedova scaltra, Goldoni avvia la propria riforma del teatro comico. In verità, un'innovazione più ardita era stata già prospettata ne La donna di garbo, pièce che a detta dell'autore inaugura la sua sperimentazione. In entrambe le commedie la protagonista è Rosaura, nome d'arte della prima amorosa: ma nell'opera di esordio si tratta della soubrette, elevata al rango di primadonna, mentre nella Vedova scaltra la scena è dominata dall'«innamorata», interpretata da Teodora Medebach, che acquisisce la vivacità del ruolo subalterno. Anche i personaggi dei pretendenti e dei due «vecchi» manifestano un intento innovatore, ravvisabile nella verosimiglianza dei tratti etnici dei viaggiatori (pur nella stereotipia dei loro «caratteri») e nella sensibilità morale esibita dal Pantalone e dal Dottore. Erede dell'Arte per la struttura ripetitiva e per lo spazio accordato alle maschere, in particolare all'improvvisazione di Arlecchino - qui però solidamente ancorata al testo premeditato -, la commedia concilia felicemente l'aspetto edonistico, fondamentale per il successo in un teatro «prezzolato», e l'impegno civile al quale Goldoni darà corso negli anni successivi, in collaborazione con la compagnia di Gerolamo Medebach.

Autore

Le numerose edizioni settecentesche che s’intersecano l’una con l’altra, la mancanza degli autografi e la vastità dell’impresa di fronte alle cento e più commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione dell’edizione critica delle opere di Carlo Goldoni. La cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata all’ombra della grande, meritoria fatica di Giuseppe Ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici. Alla base di questa edizione nazionale vi è stata una preliminare indagine sulle stampe volute dall’autore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. Da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra l’evoluzione della singola opera fino al momento in cui l’autore non impone ad essa una fisionomia definitiva. Consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente il loro cammino nella continua e molteplice dinamica dell’interpretazione che qui viene di volta in volta ricostruita nelle pagine dedicate alla fortuna.