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Storie di calendario

Storie di calendario


pp. 332, 2° ed.
978-88-317-6289-2
Goethe, Jean Paul, Tieck e più tardi Kafka, Brecht, Benjamin, Bloch hanno ammirato o, piuttosto, esaltato e qualche volta tentato d’imitare l’opera di questo scrittore in Italia quasi perfettamente ignorato, nonostante sia stato l’autore di uno dei libri più letti in Germania dopo la Bibbia.
In Russia era stato Tolstoj a tradurre le sue «storie di calendario» e a renderlo popolare e amato.
Heidegger, nel suo ampio ma anche contestato saggio su Hebel, scriveva che questo autore si serve di una parola «ove il mondo si mostra come se fosse veduto per la prima volta». Il che si può dire per ogni opera d’arte, ma vale particolarmente nel caso di Hebel, per l’inimitabile limpidezza, profondità e precisione del suo dettato. Anche per questo, il testo originale a fronte è prezioso.

Autore

(Basilea 1760 - Schwetzingen 1826), figlio di una modesta famiglia di origine contadina, precocemente orfano, studia teologia a Erlangen grazie all'aiuto di tutori. Per più di trent'anni insegna lettere al liceo granducale di Karlsruhe, dopo aver aspirato a esercitare il ministero ecclesiastico. Pubblica nel 1802 le Poesie alemanniche, autentico capolavoro di poesia dialettale, e nel 1811 quella raccolta di storie di calendario scritte per l'almanacco dei contadini del Baden, che doveva diventare uno dei libri più fortunati della letteratura tedesca.