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Mia cugina Phillis

a cura di
2° ed.
978-88-317-5842-0

Considerato insieme al romanzo Mogli e figlie l’espressione più matura dell’arte gaskelliana, Mia cugina Phillis (1863-64) è un racconto in cui la scrittrice, assumendo il punto di vista del mondo rurale, si confronta con il cambiamento. Delicato nei toni, perfettamente costruito, tematicamente molto convincente, questo capolavoro delinea una vicenda umana intimamente legata all’impatto psicologico-comportamentale prodotto dalla strada ferrata sulla campagna inglese e sui suoi abitanti. Sfondo edenicamente suggestivo di Mia cugina Phillis è la Fattoria della Speranza in cui tutto pare procedere secondo i ritmi della natura. In questo mondo idilliaco si muove Phillis Holman, una ragazza innocente e sensibile la cui storia può essere interpretata come una riscrittura in chiave moderna del mito della Caduta. L’incontro con l’ingegnere ferroviario Holdsworth, che rappresenta i valori del cambiamento e della tecnica, fa conoscere a Phillis l’amore e le pene d’amore. Ma l’improvvisa partenza per il Canada di Holdsworth segna la fine del sogno. La crisi di una società in profonda trasformazione finisce così per coincidere tragicamente con la crisi di un’eroina dell’immobilità e del silenzio - espressione di valori antitetici alla mobilità e allo strepito della nuova era aperta dalla locomotiva - che, varcata la soglia dell’innocenza, si vede costretta a entrare in uno spazio dove è presupposta innanzitutto la consapevolezza del male.

Elizabeth Gaskell (1810-1865) vive la sua infanzia a Knutsford, un piccolo centro rurale del Cheshire. Sposatasi con William Gaskell, ministro della Chiesa Unitariana, si trasferisce a Manchester dove vive all’ombra del marito, un intellettuale di notevole prestigio e socialmente molto impegnato. Nel 1848 appare anonimo il suo primo romanzo, Mary Barton, che la impone all’attenzione della critica. Qualche anno dopo, sulla rivista dickensiana "Household Words", comincia a pubblicare a puntate i divertenti bozzetti di Cranford (1851-53) che le conferiscono subito una fama straordinaria. Ruth (1853) le procura l’ostracismo delle classi benpensanti per aver trattato il tema delle "ragazze perdute". Con North and South (1855) torna ad affrontare la realtà industriale proponendo il superamento del conflitto di classe alla luce dell’insegnamento evangelico. A parte la notissima Life of Charlotte Brontë (1857), nel 1863 pubblica Sylvia’s Lovers e, nel 1865, Wives and Daughters, il capolavoro che l’improvvisa morte non le consente di concludere.

Francesco Marroni è professore ordinario di lingua e letteratura inglese presso la Facoltà di lingue e letterature straniere dell’Università "G. d’Annunzio" di Chieti-Pescara. È autore di studi monografici su George Eliot, Charlotte Brontë, Henry James, Elizabeth Gaskell e Joseph Conrad. Recentemente ha pubblicato La poesia di Thomas Hardy (Bari 1997) e Spettri senza nome. Modelli epistemici e narrativa vittoriana (Pescara 1997). Ha tradotto romanzi, racconti e poesie di svariati autori (W. Irving, E. Gaskell, G. Gissing, G.B. Shaw, C. Tomlinson, D. Egan e altri). È direttore delle riviste "Merope", "Traduttologia" e "Rivista di Studi Vittoriani". Nel 1993 ha fondato il Centro Universitario di Studi Vittoriani e Edoardiani (cusve - Pescara).

 

 

Autore

(1810 - 1865), amica di Charles Dickens e di Charlotte Bronte, di cui scrisse una lunga biografia, pubblicò numerosi raccontie romanzi tra i quali Mary Barton nel 1848, Ruth e Cranford nel 1853. Cousin Phillis apparve a puntate sul "Cornhill Magazine a partire dal 1863.