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La lingua della poesia in Italia

La lingua della poesia in Italia

1815-1918

pp. 176, 1° ed.
978-88-317-2269-8

Con le ragguardevoli eccezioni di Giovanni Pascoli e Gabriele D’Annunzio, qui si rivisita un lungo Ottocento tanto screziato quanto malnoto, almeno di questi tempi: da Giovanni Berchet, padre fondatore del particolare Romanticismo italiano, alle sconvolte «poesie-prosa» che Clemente Rebora spediva dalle trincee della Grande Guerra. In mezzo, tanta poesia in vario modo popolare del Risorgimento - da Carrer a Fusinato, Mameli, Mercantini, Dall’Ongaro - e poi quella sperimentale dell’Italia unita, dove spiccano gli scapigliati e isolati di forte estro come Riccardi di Lantosca e Vittorio Betteloni. Questo, in buona parte, è anche il terreno in cui nasce la decisiva rivoluzione linguistica pascoliana. E sempre qui ci si può  imbattere, di tanto in tanto, in qualche piccolo fiore inaspettato o dimenticato.

Autore

è professore associato all'Università di Verona dove insegna Storia della lingua italiana e Stilistica e metrica italiana. I due lavori più cospicui da lui dedicati in precedenza al Novecento poetico sono i volumi Cinque storie stilistiche. Saba, Penna, Bertolucci, Caproni, Sereni (Marietti 1987) e Prosa in versi. Da Pascoli a Giudici (Esedra 2001).