fbpx

La grande famiglia

La grande famiglia

Romanzo di dodici autori
a cura di

pp. 320, 1° ed.
978-88-317-1947-6
Dal dicembre 1907 al novembre 1908, presso la nota rivista femminile americana Harper's Bazar esce, in dodici puntate-capitoli, il romanzo The Whole Family (La grande famiglia), storia-ritratto di una numerosa famiglia della piccola borghesia americana del primo Novecento alle prese con un evento - il fidanzamento di una figlia - che, osservato e commentato dai diversi componenti della famiglia stessa, ne mette in discussione modelli e aspettative, ruoli e consuetudini, grandi e piccole certezze. Un bozzetto di «realismo sociale» che certo non varrebbe la pena di rispolverare, se non fosse per il sorprendente progetto editoriale che vi sta dietro: i dodici capitoli infatti sono scritti da dodici autori diversi, ciascuno dei quali interpreta e dà voce a uno dei familiari, mettendo in scena, in una sorta di social network narrativo che vira continuamente in direzioni impreviste, un vivacissimo dialogo - più spesso un battibecco - le cui voci si intrecciano, si sovrastano e si sconfessano l'un l'altra, riuscendo comunque a raccontare, alla fine, una storia che "tiene", diverte, sorprende. Così come sorprende la squadra, eterogenea e pittoresca, abilmente reclutata da una entusiasta infaticabile editor: due "veri" e riconosciuti scrittori (l'autorevole W.D. Howells e nientemeno che il Grande Maestro Henry James), otto donne scrittrici coinvolte a vari livelli in tematiche femminili e femministe, un umorista, e un paludato accademico. È questa la "grande famiglia" editoriale, non meno conflittuale e litigiosa della famiglia Talbert, di cui rispecchia, con effetti metanarrativi talvolta esilaranti, tensioni, rivalità e dissapori. Come nel gioco mutevole del caleidoscopio, o in quello infantile del telefono senza fili, la trama di questo bizzarro «romanzo composito» - per la prima volta tradotto in italiano - si snoda in imprevisti colpi di scena, rocamboleschi stravolgimenti e deviazioni spiazzanti, mediante le quali il narratore di turno tende a imporre alla storia, e ai suoi colleghi, la propria strategia. È così che la rappresentazione pur problematica di un modello di vita americano in trasformazione, democratico produttivo e laborioso - quale era l'idea di partenza di Howells - si declina secondo i punti di vista di autori e personaggi, sconfinando ora nella esaltazione delle conquiste femminili di primo Novecento - grazie alle rivendicazioni dell'eccentrica e intrigante zia «zitella» Elizabeth -, ora nella riflessione profonda sul ruolo dell'artista nella società - attraverso le parole del figlio maggiore, alter ego di Henry James. Un affascinante capitolo di microstoria americana si costruisce e decostruisce davanti ai nostri occhi, in quello che può essere considerato uno dei primi - e riusciti - esperimenti di scrittura collettiva. E anche la traduzione, affidata a dodici voci diverse, partecipa con passione alla sfida proposta da questo sorprendente gioco di ruolo.