Le Nuove poesie (1873) sono una raccolta sperimentale: senza ripartizioni interne, vi confluiscono epodi, liriche memoriali, componimenti epico-narrativi, poesie d'amore neoelleniche e traduzioni dal tedesco. Questa continua varietà di temi, forme e registri la rende un unicum fra le sillogi carducciane e offre un'istantanea della versatilità conseguita da Carducci - alias Enotrio Romano - nei primi anni Settanta: non più soltanto bardo repubblicano né ancora cantore ufficiale della Terza Italia, quello delle Nuove poesie è un poeta inesausto, maturo ma inquieto, giunto a un passo dalle Muse barbare. Eppure questa raccolta, che alla sua uscita fece clamore e riscosse consensi ben oltre i confini italiani, è stata lasciata in ombra dalla critica; un oblio, questo, di cui è corresponsabile lo stesso Carducci, che ripubblicandola nel 1875 ne mutò l'assetto e infine la dissolse nelle sue grandi raccolte "definitive" degli anni Ottanta. Ripresentandola, oggi, nella sua originaria interezza, le si restituiscono il significato e il valore che ebbe nella storia della poesia carducciana.