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La spiaggia di Falesá

La spiaggia di Falesá

a cura di

pp. 248, 1° ed.
978-88-317-0890-6
La spiaggia di Falesá (1892), «racconto dei Mari del Sud», appartiene a quel momento magico della vita di Stevenson in cui, abbandonata per sempre la cappa plumbea della pur amatissima Scozia, si rifugia nel sole delle isole Samoa, dove morirà solo cinque anni dopo, a 44 anni. È la scoperta inebriante di un mondo nuovo, di luoghi e colori, lingue, odori e personaggi mai immaginati prima, ma anche di una nuova impenetrabile complessità in cui si mostrano le maschere grottesche del colonialismo europeo e i nodi profondi e insondabili dello scontro di civiltà: i rozzi e avidi mercanti in guerra tra loro, i missionari e la loro ambigua opera di evangelizzazione, i misteriosi inquietanti tabù di una razza diversa e lontana, la sensualità innocente e irresistibile di una bellissima indigena. Per raccontare tutto questo Stevenson cerca modi e linguaggi nuovi, che fanno posto al realismo, all'ironia e al disincanto: e la gioiosa «isola del tesoro», abbandonati pirati e pappagalli, si carica delle voci dissonanti, delle luci e delle ombre che di lì a poco avrebbero dato vita al romanzo coloniale di Conrad e Kipling. Ma l'isola che ancora una volta Stevenson ci regala - l'ultima - conserva intatto il profumo e la leggerezza dell'avventura.

Autore

(Edimburgo, 1850 - Upolu, Samoa, 1894), saggista, favolista, romanziere, contaminatore di generi, storico coloniale e antropologo dilettante. Il suo primo romanzo, L’isola del tesoro, trasformò l’avventura in forma letteraria, mentre la novella Dottor Jekyll e signor Hyde ha arricchito la nostra conoscenza della psiche inaugurando allo stesso tempo l’horror novecentesco. Maestro tardo del romanzo storico, si congedò da quel sottogenere con Il signore di Ballantrae, che finì di scrivere nei Mari del Sud, dove, in seguito a un’ennesima metamorfosi, fondò, con La spiaggia di Falesá e Il riflusso, il romanzo realistico di ambientazione coloniale.