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Anfitrione

Anfitrione

Variazioni sul mito
a cura di

pp. 408, 1° ed.
978-88-297-1752-1
La vicenda di Anfitrione è tra i miti antichi più ripresi in età moderna: valoroso condottiero e sposo felice di Alcmena, l’eroe è vittima di un inganno perpetrato da Giove, che ne assume le sembianze per sedurne la sposa e generare con lei il semidio Ercole.
Connesso da un lato all’archetipo del fanciullo divino, figlio di un dio e di una donna mortale, dall’altro al tema del doppio, il mito si è prestato a molteplici riletture. Tra i testi qui proposti – coincidenti con i momenti chiave della lunga storia di Anfitrione – la «tragicommedia» di Plauto si impone come ineludibile punto di partenza: commedia degli equivoci e degli inganni, incentrata sul «furto di identità» (nasce da qui il significato moderno di «sosia»), l’Anfitrione plautino è un esempio di come la cultura antica intendeva il tema del doppio.
L’adulterio è invece al centro dell’Amphitryon di Molière, che rilegge il modello antico adattandolo alla realtà e ai gusti del suo tempo: sulle inquietudini del doppio prevale la beffa ai danni del marito tradito. Ancora diverso il testo di Kleist: apparentemente ispirato al fortunatissimo modello molieriano, in realtà se ne distacca radicalmente, sviluppando in modo originale il potenziale tragico della vicenda. Segnata dal conflitto tra apparenza e realtà, la commedia di Kleist appare perciò venata da una sottile amarezza.
Infine, l’Amphitryon 38 di Giraudoux, meno noto al pubblico italiano, è forse la più brillante tra le varie riprese del mito nel Novecento: commedia degli equivoci lieve e ricca di humour, pone in primo piano il tema della coppia che miracolosamente resiste alle insidie del destino ed esalta il personaggio di Alcmena come donna padrona di se stessa e capace di gestire la propria vita.

Autori

Jean-Baptiste Poquelin (1622-1673), meglio noto come Molière, non è un genio precoce; o meglio, arriva tardi al successo e alla conoscenza delle trame profonde della sua vocazione. A lasciare l’ambiente familiare e un avvenire sicuro lo spinge il progetto di diventare un giorno autore tragico e di interpretare personaggi eroici, oltre all’attrazione per Madeleine Béjart, di cui sposerà una giovanissima sorella (o piuttosto la figlia, dirà qualche mala lingua). Invece, dopo anni difficili di tournées in provincia, attira l’attenzione del pubblico parigino e il favore del Re Sole con piccole commedie e recitando in ruoli ridicoli. Non potendo cambiare né il suo fisico né il suo talento, decide allora di modificare la natura e il volto del teatro comico. In un’epoca in cui si innalzano steccati, anche estetici, apre i confini del riso, ne riattiva la libera circolazione trasgredendo le distinzioni gerarchiche tra serio e buffo, alto e basso. Contamina la pratica della commedia con strutture tragiche e insieme con materiali farseschi; partecipa alle feste di corte, contribuisce al loro incantamento, non senza inventare un nuovo genere: la comédie-ballet. Favole antiche e costumi moderni, prosa e versi, ornamenti musicali ed effetti dissonanti si avvicendano liberamente nella sua produzione comprendente pièces famosissime come La scuola delle mogli, Tartufo, Don Giovanni, Il misantropo, L’avaro, Il borghese gentiluomo, Il malato immaginario e disegnano una visione del teatro che è finalmente una rappresentazione suggestiva e polifonica del mondo.
nasce intorno al 250 a.C. a Sarsina e muore a Roma nel 184. Le fonti ci hanno trasmesso, su di lui, pochissime informazioni biografiche sicure e molte leggende create dalla fantasia. Per noi egli vive solo nelle sue commedie che ci rivelano un genio teatrale tra i maggiori di tutti i tempi, destinato a influire profondamente sulla nostra cultura. La tradizione manoscritta ci ha conservato ventun commedie: Amphitruo, Asinaria, Aulularia, Bacchides, Captivi, Casina, Cistellaria, Curculio, Epidicus, Menaechmi, Mercator, Miles gloriosus, Mostellaria, Persa, Poenulus, Pseudolus, Ridens, Stichus, Trinummus, Truculentus, Vidularia.