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Alcyone

Alcyone

a cura di
1° ed.
978-88-297-0005-9
Il capolavoro lirico del Novecento italiano, l’Alcyone di Gabriele d’Annunzio, è qui offerto in un’edizione critica e commentata che realizza l’auspicata osmosi tra filologia ed ermeneutica. Avvalendosi dei numerosi autografi emersi nell’ultimo trentennio e di rinnovati criteri ecdotici, il volume documenta la storia della poesia dannunziana, che dai primi abbozzi perviene al testo perfetto attraverso una travagliata elaborazione, resa nel ricco apparato di varianti posto in calce alle liriche e nella robusta appendice. Il terzo libro delle Laudi non è solo la raccolta di splendidi gioielli isolati, ma un vero «poema»: sotto il velame del diario verseggiato di una vacanza marina, Alcyone narra di un viaggio nel mito, in cui la Versilia si trasforma in un’Ellade leggendaria e senza tempo, popolata di ninfe seducenti. Un viaggio che, dopo l’epifania di un’estate favolosa, all’approssimarsi dell’autunno ci riconduce nel mondo malinconico della modernità, dove l’Antico si fa archeologia e l’Altrove sfuggente e struggente nostalgia.

Autore

 (Pescara, 1863 - Gardone Riviera, 1938) è stato protagonista indiscusso della vita culturale, mondana e politica della sua epoca. Venerato o esecrato per le sue gesta erotiche ed eroiche, con i suoi testi si impone quale scrittore di statura europea. Sperimentò tutti i generi: nella narrativa diede con il Piacere (1889) il testo fondativo dell’estetismo italiano e con il Fuoco (1900) un moderno esempio di romanzo-saggio; con le «prose di ricerca», inaugurate dal Notturno (1921), anticipò per molti versi il frammentismo vociano e l’elzevirismo rondesco. Nel teatro rilanciò la tragedia, oscurata dal dramma borghese, e se produsse testi più adatti alla lettura che alla scena, creò un capolavoro con La figlia di Iorio (1904). Vocato alla poesia, passò dal classicismo carducciano del Canto novo (1882) al preraffaellismo e al simbolismo dell’Intermezzo (1884) e dell’Isottèo (1896), dal crepuscolarismo del Poema paradisiaco (1893) al gioioso panismo delle Laudi (Maia, Elettra, Alcyone, 1903), prima di farsi retorico vate della campagna di Libia e della Grande guerra.