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L'umano

L'umano

Storia naturale, libro VII,

pp. 224, 1° ed.
9788829718726
Nei trentasette libri della Naturalis historia di Plinio il Vecchio, la grande enciclopedia del mondo antico dedicata al futuro imperatore Tito, spicca il settimo, riguardante l’antropologia. L’essere umano vi è inquadrato da una varietà di scorci prospettici, alternando razionalismo e mitologia, politica e moralismo, dati di censimenti e metodi astrologici, storia e pettegolezzo. L’immagine pliniana dell’uomo, indagato con rigore analitico e insieme con grande partecipazione, viene scomposta in blocchi e tasselli che incorniciano le manifestazioni varie e cangianti della condizione umana nel suo complesso, sempre multiforme e sfuggente. Plinio descrive, in un arco ideale esteso tra la nascita e la morte, le circostanze della riproduzione, del parto, della crescita; casi straordinari legati a molteplici qualità fisiche e morali, il rapporto tra virtù e fortuna, il carattere della felicità umana, arrivando alla morte e al destino dei Mani. Il quadro è variopinto e affollatissimo di personaggi: tra Sciapodi, Pigmei, Blemmi, nani, giganti, androgini, casi celebri di avversità del destino, si intravvedono i profili di Cicerone e Catilina, di Cesare e Pompeo, di Antonio e Ottaviano. Ne risulta una preziosa testimonianza di enciclopedia antica e insieme un esempio notevole del genere paradosso grafico, che riunisce una multiforme teoria di aneddoti curiosi e stupefacenti destinati a informare e a intrattenere insieme.

Autore

 nasce a Como nel 23 o 24d.C. da una famiglia agiata appartenente al ceto equestre. Svolge la carriera militare in Germania Superiore e Inferiore servendo sotto Corbulone e Pomponio Secondo, arrivando a stringere amicizia con il futuro imperatore Tito. Avverso a Nerone, si ritira a vita privata negli anni del suo principato, lavorando a opere storiografiche e retoriche di ampio respiro (De iaculatione equestri, De vita Pomponii Secundi, A fine Aufidi Bassi, Bella Germaniae, Studiosus, Dubius sermo, tutte perdute). Torna alla carriera pubblica con l’avvento al potere di Vespasiano,  e ricopre il ruolo di procuratore in varie province  dell’impero, continuando ad attendere alle proprie ricerche nel tempo libero dagli impegni amministrativi. Verso il 77 porta a compimento il vasto cantiere della  Naturalis historia, dedicandola al “commilitone” Tito. Comandante della flotta del Miseno, muore durante l’eruzione del Vesuvio del 24 agosto del 79, mentre si avvicina per prestare soccorso.