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La moglie di campagna

La moglie di campagna

a cura di

pp. 376, 1° ed.
978-88-317-9702-3

Rappresentata nel 1675 al Drury Lane, La moglie di campagna è il capolavoro della Restaurazione, quella nuova magica stagione che, dopo il cupo silenzio imposto dal regime puritano con la chiusura di tutti i teatri, esplode con il ritorno della monarchia nel 1660, in una scena di incontenibile energia, dominata dal genere della comedy of manners. In una trama turbinante di intrighi e di equivoci e in un linguaggio intriso di ambiguità e doppi sensi, si snoda la vicenda (già di Terenzio e di Molière) del cinico libertino che non esita a fingersi impotente per avere accesso alle stanze delle signore, gabbare i mariti gelosi e soprattutto dimostrare che le donne non tengono tanto alla morale quanto a far salva la loro reputazione. Gli tiene testa Margery, la «moglie di campagna» tenuta nascosta dal marito anziano e geloso, falsa ingenue pronta ad apprendere le furbizie e i piaceri delle «donne di città». Un ritratto audace, e impietoso ai limiti del cinismo, della società dell’epoca, del tutto privo di quella critica morale che smorzerà i toni del teatro comico successivo quando, a cavallo del secolo, al nuovo pubblico di borghesi cittadini sarà proposto il modello più edificante della commedia «sentimentale».
Macchina teatrale perfetta, che sulla scena si dispiega in tutta la sua irresistibile forza comica (la commedia è ancora oggi molto rappresentata in Inghilterra), il testo scritto conserva nondimeno tutta la vivacità di un linguaggio sempre ammiccante e di situazioni sorprendenti per spregiudicatezza e arguzia; la celebre gag della porcellana, basata sui doppi sensi di quell’«oggetto di pregio» amato dalle signore, resta una delle più irresistibilmente comiche del teatro inglese di tutti i tempi.

Autore

(1641-1715) nasce vicino a Shrewsbury, nel cuore dell’Inghilterra, ma la sua vita è legata a Londra, alla corte e al mondo dei gentiluomini libertini che descriverà nei suoi drammi. Scrive solo quattro opere teatrali, tutte commedie brillanti di costume, e raggiunge attorno ai trentacinque anni una notevole fama, grazie anche alla vita privata, alle amanti e ai contatti con gli uomini più famosi nella società del tempo. Alla leggerezza e allo humour delle commedie corrisponde però una vita segnata negli anni da gravi malattie e da difficoltà economiche. Le sue opere sono state rivalutate e riscoperte nel Novecento, dopo due secoli in cui il teatro, privilegiando testi moralistici e sentimentali, rifiutava le battute allusive e salaci, le storie erotiche e i personaggi amorali di Wycherley e dei commediografi suoi contemporanei.