Fra il 1430 e il 1450 Ferrara vive una stagione culturale d'eccezione grazie alla predominanza di una straordinaria figura di principe umanista, Leonello d'Este, regnante dal 1441: le arti, l'economia, la società sono investite dallo sforzo di modernizzazione dispiegato dal marchese riformatore. In tale contesto balza in primo piano il tema della villa, che coniuga l'impegno nel riscattare le campagne all'agricoltura con il cambiamento delle abitudini residenziali da parte del ceto dirigente e l'anelito a un rinnovamento delle forme architettoniche, destinate a oscillare per lungo tempo fra persistenze tardogotiche e nuovi modelli umanistici. Il libro ricostruisce un panorama assolutamente inedito di una realtà fino ad oggi trascurata dalla storiografia, restituendo alla corte ferrarese il ruolo che le spetta nell'elaborazione di un genere architettonico sostanzialmente estraneo all'età medievale. Vengono resuscitati alla memoria edifici cancellati dal tempo e dall'incuria, come la villa di Belriguardo e il ritiro suburbano di Belfiore, ampliato da Leonello per ospitare il celebre studiolo delle Muse, ma anche la grande villa di Fossadalbero, Migliaro, Consandolo, Copparo, Porto e Corbola, oltre a Villanova Marchesana, Papozze e Casaglia, dove Leonello intraprende un'importante impresa di bonifica. E attorno a essi rinasce una schiera di artigiani impegnati nei cantieri (dagli operai edili fino ai pittori e ai vetrai) e una cerchia di committenti in viaggio da una villa all'altra e di umanisti intenti a creare nuovi canoni culturali.