Gabriele D'annunzio (Pescara, 1863 - Gardone Riviera, 1938) è stato protagonista indiscusso della vita culturale, mondana e politica della sua epoca. Venerato o esecrato per le sue gesta erotiche ed eroiche, con i suoi testi si impone quale scrittore di statura europea. Sperimentò tutti i generi: nella narrativa diede con il
Piacere (1889) il testo fondativo dell’estetismo italiano e con il
Fuoco (1900) un moderno esempio di romanzo-saggio; con le «prose di ricerca», inaugurate dal
Notturno (1921), anticipò per molti versi il frammentismo vociano e l’elzevirismo rondesco. Nel teatro rilanciò la tragedia, oscurata dal dramma borghese, e se produsse testi più adatti alla lettura che alla scena, creò un capolavoro con
La figlia di Iorio (1904). Vocato alla poesia, passò dal classicismo carducciano del
Canto novo (1882) al preraffaellismo e al simbolismo dell’
Intermezzo (1884) e dell’
Isottèo (1896), dal crepuscolarismo del
Poema paradisiaco (1893) al gioioso panismo delle
Laudi (Maia, Elettra, Alcyone, 1903), prima di farsi retorico vate della campagna di Libia e della Grande guerra.
D'Annunzio a volte scritto d'Annunzio,come usava firmarsi (Pescara, 12 marzo 1863 – Gardone Riviera, 1º marzo 1938) è stato uno scrittore, poeta, militare e politico italiano, simbolo del Decadentismo ed eroe di guerra. Soprannominato il Vate cioè "il profeta", occupò una posizione preminente nella letteratura italiana dal 1889 al 1910 circa e nella vita politica dal 1914 al 1924. Sia in letteratura che in politica lasciò il segno ed ebbe un influsso sugli eventi che gli sarebbero succeduti.