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Molière

MolièreJean-Baptiste Poquelin (1622-1673), meglio noto come Molière, non è un genio precoce; o meglio, arriva tardi al successo e alla conoscenza delle trame profonde della sua vocazione. A lasciare l’ambiente familiare e un avvenire sicuro lo spinge il progetto di diventare un giorno autore tragico e di interpretare personaggi eroici, oltre all’attrazione per Madeleine Béjart, di cui sposerà una giovanissima sorella (o piuttosto la figlia, dirà qualche mala lingua). Invece, dopo anni difficili di tournées in provincia, attira l’attenzione del pubblico parigino e il favore del Re Sole con piccole commedie e recitando in ruoli ridicoli. Non potendo cambiare né il suo fisico né il suo talento, decide allora di modificare la natura e il volto del teatro comico. In un’epoca in cui si innalzano steccati, anche estetici, apre i confini del riso, ne riattiva la libera circolazione trasgredendo le distinzioni gerarchiche tra serio e buffo, alto e basso. Contamina la pratica della commedia con strutture tragiche e insieme con materiali farseschi; partecipa alle feste di corte, contribuisce al loro incantamento, non senza inventare un nuovo genere: la comédie-ballet. Favole antiche e costumi moderni, prosa e versi, ornamenti musicali ed effetti dissonanti si avvicendano liberamente nella sua produzione comprendente pièces famosissime come La scuola delle mogli, Tartufo, Don Giovanni, Il misantropo, L’avaro, Il borghese gentiluomo, Il malato immaginario e disegnano una visione del teatro che è finalmente una rappresentazione suggestiva e polifonica del mondo.