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Il biondo Eckbert

Il biondo Eckbert

a cura di

pp. 108, 2° ed.
978-88-317-9703-0
In una struttura a cornice relativamente semplice e breve, con l’abilità di un consumato autore di gialli, con Il biondo Eckbert l’autore ci racconta l’inaudita vicenda di un cavaliere silenzioso e della sua sposa Bertha. In una tempestosa notte d’autunno, nell’angolo più intimo del loro castello e davanti ai vivi bagliori del camino, il cavaliere invita la moglie a raccontare all’amico Walther la sua singolare vita: l’infanzia, la povertà e la fame, la fuga dai genitori, il viaggio, l’arrivo presso una misteriosa vecchia, il furto dell’uccello magico, la nuova fuga nel vasto mondo fino all’incontro  con il cavaliere, le nozze e la felicità. Ma la rievocazione di questi eventi straordinari turba profondamente l’animo e la mente degli astanti; apre la strada a inquietanti domande, a nuove inspiegabili esperienze. Quasi di colpo il racconto precipita verso il finale tragico, con la rivelazione  dell’incesto e della colpa sempre presagita, con la follia e la morte del biondo cavaliere. Colpisce molto che Tieck abbia iniziato a scrivere questa novella nel 1796, prima che si avesse un’idea del romanticismo e ancora nel cuore stesso del classicismo. Ma del romanticismo questo testo contiene tutti gli ingredienti e tutti gli artifici: l’irruzione del meraviglioso, la distruzione ironica dell’ordine razionale del mondo, il viaggio, l’utopia,
l’allucinazione e il mistero, la colpa e il ritorno del rimosso. E certamente quella di Tieck è un’anticipazione geniale di corde che risuoneranno a lungo nella letteratura tedesca ed europea: la relazione tra innocenza e colpa, le seduzioni della solitudine e della società chiusa, le tentazioni nefaste della proprietà e del possesso e, soprattutto, la potenza del sogno e dell’inconscio.

Autore

(Berlino 1773-1853), figura chiave del primo Romanticismo, fu abile sperimentatore in ogni campo dell’attività letteraria, scrittore fecondo, editore di grandi contemporanei tra cui Wackenroder, Novalis e Kleist; teorico, critico teatrale e traduttore di Shakespeare e di Cervantes. Visse prevalentemente a Berlino, ma furono centrali nella sua vita il soggiorno a Jena tra il 1799 e il 1800, nonché il lungo periodo di Dresda dal 1819 al 1842 come direttore del teatro di corte. Dal 1803 fino al 1818 visse a Ziebingen, vicino a Francoforte sull’Oder, da dove partì per una serie di importanti viaggi in Inghilterra e in Italia. Scrisse il romanzo epistolare William Lovell (1793-96) e subito dopo uno dei più noti romanzi di formazione della letteratura tedesca (Le peregrinazioni di Franz Sternbald, 1797). È stato l’autore di un’altrettanto nota rielaborazione di una fiaba di Perrault (Il gatto con gli stivali, 1797). Il suo contributo maggiore alla storia della letteratura fu senza dubbio il lavoro di invenzione e di rifacimento delle fiabe, non soltanto tedesche. Le opere degli ultimi decenni furono contrassegnate da un graduale passaggio a moduli di scrittura realistici e a una sensibilità ormai vicina al nascente Biedermeier.