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La vita è un sogno

La vita è un sogno

a cura di

pp. 280, 7° ed.
978-88-317-9664-4
Pedro Calderón recupera alle soglie della modernità il tema mitico dello scontro fra padre e figlio e lo trasforma ne La vita è un sogno in un intenso dramma barocco, dove la complessità del tessuto concettuale e delle riflessioni filosofiche viene diluita in un'azione avvincente di grande impatto spettacolare. La storia del principe di Polonia Segismundo - imprigionato dalla nascita dal padre astrologo Basilio - e del crudele esperimento di cui è vittima, si affianca all'esperienza dolorosa di Rosaura che cerca di recuperare l'onore perduto. È un dramma appassionante sul potere e la violenza, una geniale variazione sugli eterni temi del rapporto conflittuale tra generazioni, tra libertà e destino, tra autorità e ribellione. Con La vita è un sogno Calderón ha creato un capolavoro della cultura occidentale, profondamente barocco e al tempo stesso di grande attualità: il personaggio di Segismundo è divenuto un mito della coscienza tragica dell'uomo moderno, simbolo dell'impossibilità di stabilire il confine tra apparenza e realtà e della dolorosa constatazione della precarietà dell'esperienza umana.

Autore

Nato nel 1600 a Madrid, Pedro Calderón de la Barca studiò presso i Gesuiti e poi alle Università di Alcalá e Salamanca, ma, più che alla carriera ecclesiastica cui avrebbero dovuto prepararlo gli studi, si interessò alla letteratura e al teatro. Si fece presto notare anche a corte, dove nel 1623 si rappresentò la sua prima opera, Amor, honor y poder: tre temi che avrebbero caratterizzato tutto il suo teatro. Della giovinezza turbolenta restano tracce in alcuni documenti dell’epoca, e, forse, nei protagonisti di varie opere giovanili del drammaturgo, tra le quali si colloca al primo posto La vita è un sogno. Calderón però non parlò mai di sé, della sua vita, dei suoi amori, come aveva fatto Lope de Vega: sappiamo che ebbe un figlio illegittimo, e che, intorno ai cinquant’anni, decise di ordinarsi sacerdote. Oltre a drammi e commedie per i teatri commerciali, scrisse regolarmente composizioni sacre per il Corpus Domini (autos sacramentales) e opere di grande spettacolarità da mettere in scena nei teatri di corte. Morì nel 1681; già acclamato dai contemporanei come colui che aveva portato alla perfezione l’arte del teatro, la fama non ha mai smesso di accompagnarlo, al di là delle polemiche suscitate dalle contrastanti interpretazioni della sua opera nei secoli successivi.