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Pentesilea

Pentesilea

introduzione di , traduzione di
1° ed.
978-88-317-9477-0
Si legge spesso che Pentesilea è la più kleistiana delle opere di Kleist; di sicuro la più sconcertante, non a caso riscoperta e rappresentata soltanto un secolo dopo dalla sua pubblicazione (1808).
Le ragioni del lungo esilio dal teatro non sono state solo quelle legate alla difficoltà di mettere in scena donne armate, battaglie, cavalli e guerrieri, e neppure lo stesso giudizio critico di Goethe, pur gravido di conseguenze personali per Kleist.
Piombata come un meteorite nel mezzo del classicismo weimariano, la tragedia minacciava in realtà il canone convenuto e l'intero progetto neoumanistico, ogni idea di ordine e riconciliazione. Al complesso edificio etico-estetico che proprio Goethe e Schiller avevano elaborato in risposta al caos della rivoluzione francese, e ai loro modelli consolatori e salvifici diversamente ripresi dal mondo antico, con Pentesilea Kleist opponeva l'immagine di una grecità arcaica, alterando significativamente parecchi dati del mito. Tremila versi di passione e furore, dismisura e sfida di ogni regola.
Pentesilea che, alla fine di tanti serrati duelli, sbrana Achille per amore non poteva non fare paura ai suoi lettori, e ancor più ai suoi improbabili spettatori. Faceva paura l'enigma, la ferinità e l'ambiguità dell'eros, l'assimilazione cannibalica dell'Altro, lo strazio del maschio. Facevano paura le Amazzoni, il mitico esercito di donne armate, la cui separatezza veniva a ricordare fantasmi e tragedie lontane. Soltanto le avanguardie storiche del primo Novecento, al termine del lungo percorso che aveva portato a Freud e alla scoperta dell'inconscio, avrebbero riconosciuto in Kleist un grande precursore e posto fine al lungo ostracismo di Pentesilea dalle scene tedesche.
 

 

Autore

nasce a Francoforte sull’Oder nell’ottobre del 1777 da una nobile famiglia dell’aristocrazia militare prussiana. Seguendo la tradizione familiare inizia giovanissimo una carriera nell’esercito, che tuttavia interrompe già nel 1799 per intraprendere studi universitari e per trovare nello studio scientifico la realizzazione degli ideali che gli erano venuti dalla cultura dell’illuminismo e del classicismo. Anche il successivo tentativo di inserirsi attivamente nell’amministrazione dello stato fallisce in breve tempo. Sono molto importanti i viaggi a Dresda e a Parigi (1801), perché segnano una svolta decisiva e il passaggio dal mondo della scienza a quello dell’arte e del teatro, mentre l’utopico progetto di vivere una sorta di idillio agreste in terra elvetica produce soltanto la rottura definitiva (1802) del già difficile legame con la fidanzata Wilhelmine von Zenge. Tra crescenti difficoltà economiche intraprende una intensa e sofferta attività di scrittore, vive crisi dolorose e interruzioni drammatiche del proprio lavoro. Dopo un periodo a Königsberg (1805-1807) e un nuovo tentativo di entrare nell’amministrazione dello stato, si trasferisce a Berlino nel 1807, poi a Dresda e infine, dal febbraio 1810, definitivamente a Berlino. Le sue opere narrative e teatrali, così come l’attività di pubblicista, si collocano tutte in un periodo relativamente breve, durante il quale non si realizzano le sue speranze di affermazione e di riconoscimento come poeta. La sua vita termina tragicamente nel novembre 1811 con un clamoroso suicidio sulle rive del Wannsee.