Esperimento ingegnoso e audace, la tragicommedia pastorale guariniana ambisce a porsi come sintesi e innovativo superamento dei generi presenti sulla scena teatrale cinquecentesca. Erede, per temi e tipologie, di una ormai consolidata e illustre tradizione pastorale ferrarese, animato da uno spirito di competizione con l'Aminta del Tasso - che, tuttavia, non esaurisce l'orizzonte della sfida guariniana -, Il Pastor Fido, testo d'ingannevole levità, esibisce un esercizio combinatorio praticato a tutti i livelli. Ma è, soprattutto, nell'ambizioso tentativo di riscrittura dei grandi modelli del teatro classico (Fedra, Edipo re, Andria), riattualizzati secondo l'uso e il gusto dei moderni, in un gioco sapiente di equilibri con l'esemplarità normativa della Poetica aristotelica, che la tragicommedia guariniana assume quel profilo eccentrico da opera-manifesto bilanciata fra i valori della tradizione e le ragioni della scena. La sua costruita letterarietà, che è stata di volta in volta fonte d'ammirazione o d'insofferenti ripulse per intere generazioni di lettori, è espressione di quella «poesia della retorica», peculiare ai modi dell'autocoscienza manieristica, in cui il sofisticato ingranaggio del racconto diviene chiave d'interpretazione dei contenuti ideologici del testo.