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La bella storia di Shidoken

a cura di

pp. 208, 3° ed.
978-88-317-7190-0

La bella storia di Shidoken (1763) narra la fantastica avventura di Asanoshin il quale, con l’ausilio di un ventaglio magico, dapprima visita i luoghi «deputati» in patria e poi si inoltra nel mondo del «diverso»: i Paesi dei Gambalunga e dei Lunghebraccia, dei Pettiforati, dei Pigmei e l’Isola delle donne, per approdare alla fine in Cina dove vive un’esperienza «al contrario», gli abitanti del quartiere di piacere sono uomini e i clienti sono le donne.
Il viaggio è occasione per Gennai di condannare, con sferzante ironia, la passiva sudditanza culturale del Giappone nei confronti del continente, i soprusi del potere, le mistificazioni messe in atto da confuciani e buddhisti. Suoi portavoce sono l’anacoreta Furai Sennin con i due sermoni che incastonano il racconto del viaggio, e infine Shidoken, che intrattiene il pubblico davanti al tempio con lazzi e sberleffi, scandendo il tempo del suo narrare con un fallo di legno.

Adriana Boscaro ha curato per la Letteratura universale Marsilio Storia di un tagliabambù di Anonimo (1994, 20074) e Yoshino di Tanizaki Jun’ichiro (1998, 20062) nell’ambito della collana di classici giapponesi «Mille gru» da lei diretta.

Ironico, pungente e dissacratorio, paladino dell’autenticità della propria cultura contro l’inerte e servile acquiescenza a valori prestabiliti, beffardo fustigatore di costumi, fine manipolatore della parola, Hiraga Gennai (ca. 1728-1780) si propone come una delle personalità più eclettiche del periodo Tokugawa (1603-1867). Scrisse prosa e testi teatrali di successo, libelli e racconti fantastico-allegorici, fu scienziato e inventore, studioso di «cose olandesi», botanico, pittore e famoso ceramista. Come uomo di mondo e frequentatore dei quartieri di piacere e dei teatri ebbe molto successo, mentre i risultati come ricercatore furono talvolta contrastanti: lo sfruttamento di miniere di rame e di ferro con nuovi metodi, le «invenzioni» del tessuto d’amianto, di bussole, di una livella ad acqua, di una macchina elettrostatica per scopi terapeutici non dettero gli effetti sperati, ed egli si ritenne sempre rifiutato dalla società alla quale addebitava i suoi insuccessi.
Tra le sue altre opere sono da ricordare Nenashigusa (Erba senza radici, 1763-69), una briosa descrizione della smodata passione per i giovani attori del teatro kabuki, nella quale è coinvolto anche l’onnipotente Enma, re degli inferi, e Hohiron (Sui peti, 1774), nel quale manifesta apertamente il suo disprezzo per le forme prefissate e codificate della lingua e del sapere, nulla più che vuota aria senza significato.

Autore

Ironico, pungente e dissacratorio, paladino dell’autenticità della propria cultura contro l’inerte e servile acquiescenza a valori prestabiliti, beffardo fustigatore di costumi, fine manipolatore della parola, Hiraga Gennai (ca. 1728-1780) si propone come una delle personalità più eclettiche del periodo Tokugawa (1603-1867). Scrisse prosa e testi teatrali di successo, libelli e racconti fantastico-allegorici, fu scienziato e inventore, studioso di «cose olandesi», botanico, pittore e famoso ceramista. Come uomo di mondo e frequentatore dei quartieri di piacere e dei teatri ebbe molto successo, mentre i risultati come ricercatore furono talvolta contrastanti: lo sfruttamento di miniere di rame e di ferro con nuovi metodi, le «invenzioni» del tessuto d’amianto, di bussole, di una livella ad acqua, di una macchina elettrostatica per scopi terapeutici non dettero gli effetti sperati, ed egli si ritenne sempre rifiutato dalla società alla quale addebitava i suoi insuccessi.
Tra le sue altre opere sono da ricordare Nenashigusa (Erba senza radici, 1763-69), una briosa descrizione della smodata passione per i giovani attori del teatro kabuki, nella quale è coinvolto anche l’onnipotente Enma, re degli inferi, e Hohiron (Sui peti, 1774), nel quale manifesta apertamente il suo disprezzo per le forme prefissate e codificate della lingua e del sapere, nulla più che vuota aria senza significato.