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La donna di picche

978-88-317-7068-2

Nato a Mosca nel 1799 e morto a Pietroburgo nel 1837, Aleksandr Pusÿkin concentra nei suoi brevi anni di vita una intensa e multiforme creatività che lo rende il più grande poeta di Russia e uno dei maggiori d’Europa.

Dopo una giovinezza animata da spirito libertario e libertino, che gli costa l’abbandono forzato di Pietroburgo per il confino nel sud della Russia, Pusÿkin continua a condividere le idee liberali di quei suoi coetanei che passeranno alla storia come i "decabristi". Ma, dopo la loro fallita insurrezione del dicembre 1825, le sue convinzioni, pur senza venir mai meno a un ideale di libertà, si faranno più moderate, anche sotto l’influsso personale del nuovo zar, Nicola i. La sua opera poetica, che si esercita nei più vari generi (lirica, poemi, narrativa, storia, dramma, critica), occupa il posto centrale nella vita letteraria russa del tempo e segna l’inizio della grande letteratura russa moderna.

Clara Strada Janovic, nata a Chabarovsk (Russia), laureata presso la Facoltà di filologia dell’Università di Mosca, è docente di lingua russa all’Università di Venezia. Ha pubblicato studi su Dostoevskij e Tolstoj, nonché su Vladimir Propp, dei quali ha curato l’edizione di alcune opere. Tra le sue traduzioni si ricordano quelle degli scritti teorici di Michail Bachtin. Ha partecipato come segretario scientifico alla Storia della letteratura russa in sette volumi in corso di stampa in francese presso Fayard, in italiano presso Einaudi e in russo presso la casa editrice Progress di Mosca e curata da E. Etkind, G. Nivat, I. Serman e V. Strada. In essa ha pubblicato un saggio su Michail Prisÿvin e un altro sulla letteratura russa sovietica per l’infanzia. Per la Letteratura universale Marsilio ha curato un’edizione del Boris Godunov di Aleksandr Pusÿkin (1995) e Il giardino dei ciliegi di Anton ÿCechov (19972).

Ammirato fin dal suo apparire, nel 1834, come un capolavoro, La donna di picche nei decenni successivi non ha fatto che esercitare con ancora maggior forza il proprio fascino enigmatico. La sua scrittura, così tersa e lineare da parere il puro esercizio di un geniale spirito di geometria, cela una complessità che sbalordiva una lettrice come Anna Achmatova, che in questo racconto vedeva una sorta di insondabile costruzione a strati, senza che si riuscisse mai a coglierne un nucleo di assoluta trasparenza.

La vicenda di Hermann, giovane dotato di napoleoniche ambizioni e mefistofeliche passioni, si svolge inesorabile sotto il segno di una carta, la donna di picche, che è insieme un personaggio reale, una vecchia contessa, depositaria di un fatale segreto, che porta Hermann alla catastrofe e lo precipita infine nel baratro della pazzia. Ma c’è stato veramente l’intervento di una forza soprannaturale o il dramma si è svolto tutto secondo il meccanismo del Caso, supremo principio di quel Gioco che non è solo delle carte ma, prima ancora, della vita? L’ironia di Pusÿkin non scioglie il mistero, che resta nel fondo della sua prosa cristallina, qui resa in italiano con aderenza sottile.

Autore

(Mosca 1799 - Pietroburgo 1837) è il meno russo ma anche il più grande fra gli scrittori e i poeti di Russia. La sua personalità presenta un singolare intreccio di leggerezza, distacco e passione, in una intransigente difesa dell’intimità con la Musa che lo ha indotto a rifiutare qualsiasi schieramento, ma gli ha permesso, proprio per questo, di portare a compimento il secolare dibattito sulla lingua russa, e regalare al paese di cui si è spesso sentito un ospite malgré soi la possibilità di una letteratura ricchissima. Discendente di africani, emulo di Voltaire e di Shakespeare, assai critico di Byron, Pusˇkin ha lasciato capolavori in ogni genere letterario, dalla lirica al poemetto, dal racconto al dramma, dal romanzo storico alla piccola tragedia, dalla fiaba all’epigramma, dal reportage di viaggio al romanzo in versi. Un duello invernale ha spezzato il flusso, che pareva inarrestabile, della sua straordinaria energia creativa.