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Il perdono della luna

Il perdono della luna

Poesie 1906-1939
a cura di
1° ed.
978-88-317-2864-5
Da più di mezzo secolo mancava, in Italia, un’antologia delle opere poetiche di Endre Ady. Questa raccolta, che spazia dai versi apparsi nei primi volumi fino ad alcune poesie pubblicate postume, vuole riparare una lacuna. Penalizzata dalla particolarità della lingua ungherese e dall’eccentricità metrica dei suoi versi, la poesia di Ady merita invece di essere considerata da vicino. In primo luogo perché, dando voce profetica alle tensioni e ai conflitti della storia, fa vibrare anche quelli del nostro tempo; e poi perché scava nelle lacerazioni, nelle dissonanze, nel dolore che pare imprigionare la vita individuale, con una nostalgia straziata di esistenza piena. L’attenzione alle pulsazioni brevi, agli esigui splendori del vivente così come ai sussulti della storia lo fa voce anche di questo nostro tempo ansioso e per i nostri cuori inquieti.

Autore

(Érmindszent, 1877 - Budapest, 1919) è uno dei grandi poeti europei del Novecento. È vissuto nell’Ungheria a cavallo di due secoli, alla vigilia del crollo dell’impero austro-ungarico, mentre il paese era combattuto tra arretratezza e modernità, tra le rivendicazioni sociali stroncate dalla tragedia della Grande Guerra e la nascita dei grandi movimenti artistici e culturali del Novecento. Di tutti gli umori del tempo ha fatto materia dei suoi versi.  oeta “maledetto”, consumato dall’alcool e dal fumo, spesso in povertà, ma con l’ambizione di frequentare il grande mondo internazionale della cultura, fu portato a morte precoce dalla sifilide contratta in un incontro occasionale. Inviso ai benpensanti, adorato dal popolo e dagli artisti, nella Budapest in cui si addensavano le ombre di un fascismo spietato seppe tenere aperto uno spiraglio di libertà, assieme a Béla Bartók, György Lukács, Lajos Kassák. Di famiglia calvinista, ebbe sempre una passione profonda per i testi della tradizione biblica, ma non ne fece mai oggetto di una devozione formale. Il suo definirsi un «incredulo che crede» lo fa sentire vicino alla sensibilità dell’Occidente contemporaneo.