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Artemisia

Artemisia

a cura di

pp. 232, 1° ed.
978-88-317-2336-7
All'interno dell'ambizioso progetto delle Nove Muse Artemisia segna - nell'autunno del 1759 al teatro San Luca - il ritorno di Goldoni alla tragedia, già frequentata con successo negli anni del San Samuele, e ora rimessa al centro di una nuova riflessione drammaturgica e musicale intorno a passioni più moderne e conturbanti. Domina in scena il lugubre e grandioso mausoleo del re defunto, a cui la vedova regina di Caria tributa un lutto inestinguibile; la minaccia un pretendente innamorato e feroce e la seduce un pastorello sconosciuto in cui riconoscerà in extremis il figlio perduto, che riscatterà il regno. Goldoni, memore di Metastasio, si serve di una serie di vecchi utensili di grande effetto, e li combina con due best sellers tragici sempre in auge nei cartelloni: la Merope di Maffei e la Semiramide di Voltaire. L'exemplum edificante del materno sublime e la fosca leggenda della regina nera, amplificati da un immaginario teatrale lungo due secoli, sono rimescolati con audace agonismo, sfiorando da vicino limiti pericolosi, ma esibendo anche un'impeccabile moralité di facciata, che inganna i censori, ma non - crediamo - gli spettatori, capaci di riconoscere tutti i rimandi allo scabroso tema dell'incesto annidati nel sottotesto recitativo. Tragedia di lieto fine, l'Artemisia goldoniana riscuote un successo cospicuo e fa da apripista agli ultimi grandi capolavori veneziani, per poi inabissarsi nel silenzio della storia.

Autore

Le numerose edizioni settecentesche che s’intersecano l’una con l’altra, la mancanza degli autografi e la vastità dell’impresa di fronte alle cento e più commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione dell’edizione critica delle opere di Carlo Goldoni. La cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata all’ombra della grande, meritoria fatica di Giuseppe Ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici. Alla base di questa edizione nazionale vi è stata una preliminare indagine sulle stampe volute dall’autore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. Da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra l’evoluzione della singola opera fino al momento in cui l’autore non impone ad essa una fisionomia definitiva. Consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente il loro cammino nella continua e molteplice dinamica dell’interpretazione che qui viene di volta in volta ricostruita nelle pagine dedicate alla fortuna.